Cos'è ghino di tacco?

Ghino di Tacco

Ghino di Tacco (La Fratta, Siena, circa 1280 – Roma, 1336) è stato un nobile, bandito e capitano di ventura italiano. La sua figura è divenuta leggendaria, tanto da essere citata da Dante Alighieri nella Divina Commedia (Purgatorio, canto VI, v. 13-14) e da Giovanni Boccaccio nel Decameron (giornata X, novella II).

Origini e Ascesa:

Ghino apparteneva alla nobile famiglia dei Tacco, signori del castello di La Fratta, nei pressi di Sinalunga (Siena). A seguito di una serie di controversie con la famiglia dei Cacciaconti, Ghino e suo padre furono banditi da Siena e privati dei loro beni. Questa ingiustizia spinse Ghino a intraprendere la vita del bandito.

Attività di Banditismo:

Ghino si stabilì nella rocca di Radicofani, trasformandola in un rifugio per banditi e una base per le sue incursioni. Divenne famoso per la sua audacia e astuzia, ma anche per la sua generosità verso i poveri e gli oppressi. La sua fama crebbe a tal punto che la sua figura iniziò ad assumere tratti leggendari, venendo considerato una sorta di "Robin Hood" senese.

Il Decameron e la Leggenda:

La novella del Decameron narra di come Ghino, fingendosi medico, curò l'abate di Cluny, malato, con una dieta insolita: pane, fave secche e vernaccia. L'abate, inizialmente furioso, guarì e riconobbe il valore delle cure di Ghino, intercedendo per lui presso Papa Bonifacio VIII.

Riconciliazione e Morte:

Grazie all'intervento dell'abate, Ghino ottenne il perdono papale e fu nominato cavaliere dell'Ospedale di Santo Spirito a Roma. Morì a Roma nel 1336.

Influenza Culturale:

La figura di Ghino di Tacco, per la sua ambivalenza tra bandito spietato e giustiziere generoso, ha ispirato numerose opere letterarie, teatrali e cinematografiche nel corso dei secoli. È diventato un simbolo di ribellione contro l'ingiustizia e di difesa dei deboli.